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 redini di ritorno 
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Tanti hanno biasimato le redini di ritorno perchè coercitive: c'è qualcuno che mi riesce a spiegare che azione svolge e su che punti del corpo del cavallo (p.e. nuca, palato, barre, etc.)?


mercoledì 8 novembre 2006, 10:38
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Vi racconto una mia esperienza su redini di ritorno.
Abbiamo un cavallo con cui avevamo serie di difficoltà a tenerlo "rotondo". Il nostro vecchio trainer, senza far nomi, ce lo faceva quindi montare solamente con redini di ritorno, ed in tre anni mai risolto il problema, era sempre contro e sopra la mano in gara, fermi a livello M.
Adesso ci è accaduto un miracolo, da tre mesi abbiamo un nuovo trainer, un signore tedesco che lavorava ed era amico intimo di Reiner Klimke e pure di Nuno Oliveira che ci segue ogni giorno,
ci ha immediatamente tolto tutto e ci sta insegnando un'equitazione completamente diversa, adesso il cavallo è fantastico, sta rotondo con niente in mano. Prima aveva avuto anche mal di schiena, adesso più niente.
Con ciò demonizzare cose come le redini di ritorno secondo me è sbagliato, ma forse spesso ce da chiedersi se le usiamo per andare oltre nostri limiti tecnici, e quindi ci stanno aiutando veramente?


venerdì 17 novembre 2006, 23:09
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Riguardo l'azione delle redini di ritorno (montate in modo "standard"!): da un punto di vista "fisico" essenzialmente si ha un'amplificazione ed un abbassamento dell'azione rispetto a quella di una redine semplice, ovvero rispetto alla sensazione della mano. La forza agente sulla bocca del cavallo è diretta lungo la bisettrice dell'angolo formato dalle redini di ritorno sull'imboccatura ed ha un'intensità pari a 2"Cos(A/2) volte la forza esercitata dalla mano, dove A è appunto l'angolo delle redini di ritorno all'imboccatura. Ad esempio, con un'apertura delle redini di 90°, si ha un'amplificazione del 40% ca., mentre con un'apertura ridotta a 60°, l'amplificazione supera il 70% (reputo ragionevole immaginare che l'angolo sia normalmente compreso fra questi due estremi).
E' interessante anche considerare, per una data posizione della mano, su quale linea la bocca del cavallo è libera di muoversi rimanendo "appoggiata alla mano" stessa. Nel caso della redine semplice si tratta evidentemente di un arco di circonferenza centrata sulla mano e di raggio pari alla lunghezza della redine. Per le redini di ritorno si ha invece un'ellisse con i fuochi l'uno nella mano, l'altro nel punto in cui la redine di ritorno si stacca dal petto del cavallo (asse maggiore dell'ellisse prossimo dunque alla verticale). Nell'uso "standard" che combina redine semplice e redine di ritorno, e partendo da un contatto del cavallo su entrambe le redini, questi due archi immaginari si intersecano esattamente sull'imboccatura. Se immaginiamo ora uno spostamento della testa del cavallo ed una mano che resiste nella sua posizione, abbiamo che se la testa del cavallo sale la sua bocca va ad incontrare l'azione deterninata dalla redine di ritorno, se viceversa scende allora l'azione rilevante diventa quella della redine semplice (con le differenze di forza, per intensità e direzione, descritte sopra!). Invito a riflettere su come il posizionamento del punto di intersezione dei due archi, che dipende dalla regolazione della lunghezza delle due redini nella mano, sia rilevante per il successivo lavoro.

Reputo che tali considerazioni vadano tenute presente per avere coscienza di come l'azione della mano si traduca in un'azione sulla bocca del cavallo, ma certamente da sole non possono rispondere a questioni come: "agisce sulla nuca, sulla schiena, o che altro?". Il lavoro della mano stessa non si riduce alla sua azione istantanea, è invece determinante la "stora" di questa azione, ovvero la sua evoluzione nel tempo, ed il rapporto di questa storia con l'atteggiamento del cavallo, il suo addestramento, il suo apprendere. Ed è altrettanto certo che, sempre in questa prospettiva temporale, a determinare il risultato finale è il complesso degli aiuti e non la mano di per sé e per di più in funzione del solo "ausilio" meccanico scelto. Ma se è vero che l'assumere l'uso delle redini di ritorno non basta a determinarne le conseguenze perché la questione è semplicemente dipendente da troppi altri fatori, è altrettanto vero, e ovvio, che la scelta di usarle o meno è rilevante, perchè l'azione della mano è conseguentemente mediata alla bocca in modi differenti (e qui torniamo alla prima parte di quanto scrivo).

Stefano


lunedì 22 gennaio 2007, 15:31
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io sono contro le redini di ritorno perchè il cavallo (salvo casi estremi ma anche in quei casi non userei le redini di ritorno) si riunisce con il lavoro (il cosiddetto "mazzo tanto").
In sostituzione di queste trovo molto utile l'equilonge che agisce in modo tale che il cavallo abbassi la testa ma senza che questo si appoggi al filetto e rimanga impacchettato. Chi usa troppo le redini di ritorno e le usa male si vede subito....il cavallo ha la cosiddetta incollatura contraria....
Ultimamente ho provato le redini tidemann che sono quasi come le redini di ritorno....ma non mi ci trovo molto perchè trovo che il cavallo si appesantisca troppo sull'imboccatura....voi cosa ne pensate?

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martedì 23 gennaio 2007, 18:21
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horseriding ha scritto:

trovo molto utile l'equilonge


<b>Scusate l'ignoranza..
cosa sarebbero?</b>

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Ridatemi la Mia stella!


martedì 23 gennaio 2007, 18:26
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.......... per usare bene le redini di ritorno occorre essere dei grandi, ma... i grandi non ne hanno quasi mai bisogno.!

[:D][:D][:D][:D][:D]

_________________
Un Giudice di Dressage


martedì 23 gennaio 2007, 18:27
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Avrò avuto sl fortuna ma alla mia cavalla è servito! Quando l'ho comprata aveva una bocca talmente messa male ke sl cn la briglia riuscivo a gestirla... poi sn passata al pelham.... filetto e redini di ritorno... e infine il filetto!... Sl in casi estremi rimetto le redini di ritorno... ma il contatto principale rimane sempre cn la redine diretta!

_________________
Due cose riempono l'animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. (Kant)


martedì 23 gennaio 2007, 19:20
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Ciao Pinkus. Finalmente qualcuno che entra nel merito delle redini di ritorno spiegando e non demonizzando.
Io sono una di quelli che chiedeva imperterrita "Perchè no? Dove e come agisce?".
Mi stampo il tuo post, che mi sembra un trattato di fisica, e me lo tengo. E se ne ho l'occasione lo leggo anche a qualche bestiaccia di mia conoscenza.

Da dove proviene tanta bella conoscenza?


mercoledì 24 gennaio 2007, 11:47
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Ciao Ospitalazzo!
Da dove viene questa "conoscienza"?... Mah, sarà che sto cercando di laurearmi in Fisica (ci hai preso, he? [;)]), per cui capita che quando mi fermo a riflettere lo faccia secondo certi schemi (deformazione quasi-professionale?).
Ti ringrazio davvero per il tuo apprezzamento: fa piacere essere utili.

Col mio intervento mi premeva in primo luogo portare l'attenzione su alcuni degli aspetti della questione determinabili in base all'ipotesi (cioè l'utilizzo "standard" delle redini di ritorno), poi anche sottolineare la distanza fra quanto si può in effetti stabilire ed una auspicata risposta alla questione "redini di ritorno sì o no?".
Ripeto: la mia conclusione, data la premessa e seguendo questa argomentazione, è che questa domanda rimanga semplicemente indeterminata (troppi dei fattori in gioco, senz'altro NON trascurabili, rimangono non specificati).

Penso che a questo punto l'aspetto interessante per la discussione non sia più la domanda iniziale, quanto piuttosto se in alcune situazioni (e, se sì, quali?), la possibilità di una diversa (rispetto alla redine semplice) mediazione dell'azione della mano sulla bocca sia utile al raggiungimento di un obbiettivo addestrativo. Allo stesso modo è interessante ed importante riflettere su come quella stessa mediazione possa finire con l'essere deleterea in altre situazioni (dove nel concetto di "situazione" includo qui anche la "storia" degli aiuti nel loro complesso, o, se volete, la loro qualità).

E' in quest'ottica che il confronto delle nostre esperienze è illuminante e costruttivo.
Per quanto osservato sopra mi pare ovvio che tali esperienze risultino contraddittorie SE riferite alla domanda "r.di r. sì o no?" (già le mie personali esperienze al riguardo sarebbero in contraddizione fra loro!): il nostro "litigare" non scaturisce dal fatto che una parte qualsiasi ha ragione e l'altra, pur in buona fede, si sbaglia, è piuttosto solo un indice del fatto che la domanda a cui cerchiamo di rispondere, così come è posta, non è "ben definita", che la questione va affrontata tenendo conto della sua complessità.

Ma c'è, credo, un punto che si può affermare in generale: l'importanza del fermarsi a riflettere. Esiste un mezzo? Bene, come funziona? Se decido di usarlo (ma ci sono alternative?), quale obbiettivo spero di raggiungere con esso? Perché mi pongo questo obbiettivo a questo punto del lavoro? Come mi propongo di utilizzare quel mezzo verso quel fine? Quando ho risposto a domande come queste salgo in sella e vado a confrontarmi con quello che succede. Mentre agisco ascolto. Ed in base a ciò che sento valuto altre questioni: sta reagendo come mi aspettavo? Ci stiamo muovendo verso l'obbiettivo che mi ero posto? E l'obbiettivo stesso è ancora valido o sto scoprendo qualcosa che mi impone una revisione più radicale? E così via in un continuo confronto fra l'immaginazione che cerca di prefigurare soluzioni (e di definire i problemi in modo che abbiano soluzioni!) e l'intuizione dell'esperienza che è corroborazione o condanna di quelle fantasie.
Mi rendo conto che non sto dicendo cose stratosferiche, e, soprattutto, che sto dicendo cose che si applicano sempre, al di là della discussione sulle redini di ritorno (a dire il vero sono cose che si possono generalizzare facilmente a tutto il comprendere umano... e qui sì che il discorso partirebbe per la tangente!).
Ma se, come credo, la maggiore obiezione alla possibilità dell'uso delle redini di ritorno è la precauzione (che condivido in maniera assoluta!), allora quale migliore precauzione dell'insegnare a pensare a quello che si sta facendo?
Una discussione aperta e non preconcetta (anche e soprattutto nel sottolineare i limiti, i livelli di difficoltà, i rischi, la responsabilità di un istruttore verso il suo allievo... tutte cose che sono di per sé spunti di riflessione) potrebbe essere un buon esempio in tal senso.

E lo dice uno che tutte le volte che vede infilare le redini di ritorno in un filetto finisce col naso arricciato a guardare storto il "colpevole" di turno! Salvo dover ammettere, suo malgrado, che a volte funzionano (oh! hanno funzionato persino quelle due volte che le ho usate io, e non è che sia 'sto genio, anzi! Per inciso, nell'ultima occasione io e la mia istruttrice abbiamo passato letteralmente ore a confrontarci sul perché le avessi messe e cosa cercavo di ottenere, lei era contraria ma quello che mi chiedeva era di motivare la mia scelta, di pensare dunque. Le ho usate per una settimana, ho risolto un problema, sono tornato al filetto: grazie a lei ero consapevole di ciò che stavo facendo...).

Dal basso della mia modesta esperienza avanzo l'ipotesi che l'aiuto più importante che un cavagliere abbia nel suo repertorio sia la propria testa... l'unico aiuto con il quale non si corre il rischio di strafare.

Saluti,

Stefano


mercoledì 24 gennaio 2007, 20:13
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Partendo dal presupposto che ci sia.
Ciao.
Ale


giovedì 25 gennaio 2007, 10:12
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Gli illuministi pensavano che l'intelligenza (identificata con la ragione) fosse universale, il problema era semmai la volontà di usarla...
Anche se questa posizione non è più sostenibile al giorno d'oggi in questa forma assoluta, rimane vero (spero!) che volontà, abitudine ed educazione possono fare molto [;)].

Tornando al mio primo intervento, mi sono reso conto che forse non era così ovvio visualizzare il discorso che ho fatto su archi di circonferenza ed ellisse, così ho pensato di realizzare una piccola illustrazione di ciò che intendevo.

. [img]/public/uploaded/forum/ThePinkus/200712511402_Horse%2002.jpg[/img] 53,04 KB

L'arco verde rappresenta il movimento di una bocca che mantiene il contatto con la redine semplice (circonferenza), quello rosso è relativo alla redine di ritorno (ellisse). I punti blu evidenziano la posizione della mano (hmmm... è verosimile?) e la punta del petto (dove le redini di ritorno si staccano dal cavallo) e sono i punti che ho utilizzato, assieme alla posizione della bocca, per il calcolo dei parametri delle curve, che pertanto dovrebbero essere corrette date queste premesse (oltre a quella d'avere il contatto su entrambe le redini, semplice e di ritorno, in questa posizione del cavallo). Volendo considerare la mano un po' più in avanti rispetto a quanto indicato, in prima approssimazione si avrebbe una rotazione dell'arco d'ellisse attorno al punto blu inferiore.

Ricordo che cobinando le due redini ciò che conta è l'arco rosso nella parte superiore e quello verde in quello inferiore.

Saluti a tutti,
Ciao Ale!
Stefano


giovedì 25 gennaio 2007, 13:01
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Scarico anche questo post.
Pronta a farlo leggere agli appassionati delle carrucole di mia conoscenza.
Ciao.
Ale


venerdì 26 gennaio 2007, 15:28
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