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 UNO SPUNTO DI RIFLESSIONE 
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è stato molto,molto bello leggere queste tue riflessioni,vi ho trovato molte verita,come detto anche da red pearl![:)]


giovedì 2 giugno 2005, 13:04
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<b>L’EQUITAZIONE PUO’ ESSERE FONTE DI BENESSERE ? COME E PERCHE’?
Un contributo preliminare per la riflessione: relazione introduttiva
Dr. Giancarlo Mazzoleni, presidente della Società Italiana di Arte Equestre Classica</b>

Negli ultimi cinquant'anni la vita di gran parte della popolazione del cosiddetto mondo civile ha subito grandi cambiamenti, passando da attività prevalentemente manuali in campagna ed in fabbrica, che esigevano una posizione eretta e movimento, ad attività prevalentemente sedentarie in ambiente chiuso, il più delle volte con microclima condizionato. La posizione quasi costantemente seduta (scrivania, auto, sedia, poltrona), che tende a diminuire la lordosi lombare con conseguenti alterazioni di tutta la statica, e l’eccesso di mobilità monolaterale destra, oltre ad altre abitudini quotidiane, hanno creato indubbiamente disagi fisici ancora non del tutto riconosciuti come patologie complesse, ma diffusi ad ampissimi strati della popolazione.
Siamo soliti considerare il nostro corpo come un mero strumento, a volte come un semplice mezzo di locomozione che ci porta da un luogo all'altro. La mente è il burattinaio che governa con fili invisibili. Ci curiamo poco del corpo in quanto tale, sovente ci limitiamo alla sua “manutenzione” essenziale, fornendo carburante, spesso scadente, e rimediando grossolanamente ad eventuali malanni: la nostra automobile riscuote certamente maggiori attenzioni!
Inoltre le macrodimensioni delle città in cui viviamo, con l’aumento della popolazione e la disgregazione del rapporto sociale conseguente ad una vita sempre più individuale e frenetica, favoriscono il disagio psichico incrementando la tendenza alle malattie “psicosomatiche” a carattere degenerativo o autoimmune.
Pur riconoscendo genericamente l’utilità di una buona capacità di rilassamento per superare lo stress emotivo e fisico a cui siamo esposti, ogni giorno ci allontaniamo da questo stato, i cui vantaggi sono innumerevoli: miglioramento della qualità del sonno, recupero più veloce dopo uno sforzo fisico o intellettuale intenso, riduzione progressiva del nervosismo, maggiore resistenza all’ansia, agli shock emotivi, e in una certa misura alle malattie.

D’altra parte il contatto con altre civiltà, sviluppato dalla globalizzazione, ha fatto conoscere altre filosofie e stili di vita e importato diverse metodiche di ricerca del benessere psicofisico che incontrano un sempre maggior successo.
Lo yoga, il massaggio ayurvedico, il Tai-chi, etc fanno parte di un grande arcipelago di "filosofie di vita" che hanno profondamente modificato il concetto di corpo-macchina prevalente nel nostro immaginario sino a qualche decennio fa, derivato dalla filosofia positivista occidentale e dai processi di meccanizzazione ed industrializzazione propri del mondo "avanzato".
La riscoperta del corpo e della mente, e dell’unità integrata dei due, nonché la valorizzazione del concetto di energia vitale quale fonte essenziale dell’equilibrio, si intrecciano anche nella ricerca di metodiche nuove “più occidentali”, sia mediche in senso stretto, sia fisioterapiche. L’omeopatia e l’omotossicologia con tutte le loro diversità scolastiche, l’antiginnastica, il Feldenkreis, l’Alexander-tecnique, la chiropratica, etc. pur affondando le loro radici in epoche certamente remote, sono alcune delle soluzioni a queste nuove necessità ed il loro successo va ascritto alle risposte numericamente scarse e intellettualmente superficiali, che la moderna medicina convenzionale sembra saper dare.



La forza del Chi

Il concetto fondamentale della medicina tradizionale cinese e quello che la distingue maggiormente dalla medicina occidentale, è proprio l’idea che una forza vitale, l’energia Chi, circoli in tutto ciò che vive. Il Chi proviene da tre fonti: l’eredità, la respirazione e l’alimentazione. In altre culture il Chi (o Ki, ) si chiama Prana, Odem o, più semplicemente, forza vitale. La circolazione armoniosa del Chi favorisce la salute, e quando la forza vitale non circola liberamente il risultato è il malessere, lo squilibrio, e, alla lunga, la malattia. Quindi qualunque terapia orientale, indipendentemente dalla sua origine o dal suo nome, si propone come primo compito quello di ristabilire l’equilibrio del corpo, tra yin e yang, tra i chakra, e così via.

Il modo in cui respiriamo contribuisce al nostro benessere psicologico
Il Soffio della vita
In Oriente il respiro, o Prana, è considerato il motore della vita che assicura la connessione tra corpo e spirito, ecco perché molte discipline orientali come lo Yoga, il Tai-Chi o il Qi Gong insistono sull’importanza della respirazione.
Tutti abbiamo sperimentato la spiacevole sensazione del fiato corto o del respiro bloccato in una situazione particolarmente stressante, quello che comunemente si dice “mi mozza il fiato”, per esempio prima di un esame o di un colloquio di assunzione….. agitazione mentale e agitazione respiratoria vanno quasi sempre di pari passo, e anche la regolarità del nostro respiro è quasi impossibile se lo spirito non è tranquillo, una tranquillità che si conquista anche grazie ad una respirazione regolare.
Quando l’angoscia si presenta, in genere il respiro è il primo ad esserne assalito, perché la respirazione funziona come una valvola di sicurezza, per questo quando funziona al massimo delle sue potenzialità il nostro benessere è in genere ottimale. Per ritrovare la serenità interiore e una lucidità diversa, si comincia dal respiro, dove non c’è spazio per lo stress…
E in effetti, tutta la nostra vita incomincia dal respiro, un atto naturale che agisce sul sistema nervoso e garantisce il buon funzionamento degli organi e delle membra, in altre parole, ossigena tutto il nostro corpo. E lo fa meglio ancora se impariamo a respirare correttamente.


I metodi tradizionali orientali


LO YOGA
Originata dai Vedas, la più antica traccia della cultura indiana, la filosofia Yoga fu sistematizzata dal grande saggio indiano Patanjali nello Yoga Sutra (aforismi Yoga), l’unico testo di tutta la tradizione filosofica indiana, che tocca ogni aspetto della vita umana. Definita dallo Swami Vivekananda come “un mezzo per comprimere l’evoluzione personale di un’intera vita in pochi mesi o perfino in poche ore dell’esistenza fisica”, lo Yoga è uno sforzo metodico e metodologico verso l’autoperfezionamento attraverso lo sviluppo delle potenzialità latenti in ogni individuo. Lo Yoga è l’arte di vivere in modo sano, fisicamente, mentalmente, moralmente e spiritualmente, è una crescita sistematica dal livello animale alla normalità umana, e da lì alla divinità; lo Yoga è la ricerca di una forma di educazione a una vita migliore, o ricerca del senso della propria vita.
Lo Yoga apporta alla salute numerosi benefici, uniti ad un nuovo equilibrio mentale e un’armonia del tutto inaspettata nella vita di tutti i giorni, migliora la flessibilità del corpo perché i muscoli gradualmente rilasciano tensioni e blocchi…
Lo Hatha-Yoga, lo Yoga ginnico dell'armonia psico-fisica, della salute e della longevità, è costituito da un complesso di esercizi fisico-ginnici, o asanas, e da esercizi di controllo della respirazione, o pranayama,
La pratica dello hatha yoga tende al raggiungimento dell'equilibrio psico-fisico, di una maggiore consapevolezza dei processi vitali, fisiologici, e, più in generale, del nostro corpo in ogni sua parte. Il termine hatha indica “sforzo, ostinazione, pertinacia”.
Patanjali, che ha sistematizzato la filosofia yoga oltre duemila anni fa attraverso i suoi “Yoga sutra”, sostiene che il fervore, l'autodisciplina (tapas), sia una delle tre pietre angolari dello yoga.
Tapas significa calore, ardore, fuoco: è l'energia e il calore che si acquistano rivolgendo i propri pensieri e le proprie azioni verso una meta precisa, senza disperderli altrove.
La pratica riveste quindi un'importanza fondamentale, andando a modificare lo stato mentale e fisico. Nonostante gli evidenti benefici (tra i quali un miglioramento generale nello stato di salute, una regolarizzazione del peso corporeo, una maggiore vitalità anche in età avanzata), uno dei principi fondamentali dello yoga è di non ricercare i frutti delle proprie azioni: la pratica è pertanto eseguita per sé stessa, senza preoccuparsi del risultato.
Scoprire il respiro: chi pratica Yoga entra maggiormente in contatto con la propria respirazione; a cui viene data un’attenzione estrema, e si abitua a osservare il proprio ritmo respiratorio anche nella vita quotidiana, accumulando in questo modo molte meno tensioni mentali e muscolari

AYURVEDA
Derivato dalla tradizione indiana l’Ayurveda, in sanscrito “scienza della vita”, è la più antica medicina del mondo che ha in India le sue università, le sue cliniche e le sue farmacie. L’Ayurveda è in primo luogo un codice di buona salute basato su tre forze chiamate: doshas: vata (aria), pitta (fuoco) e kapha (terra-acqua); ognuno di noi sarebbe dominato da uno di questi doshas che determinano sia la nostra costituzione fisica, sia il nostro carattere. E quando il nostro dosha dominante è perturbato, il nostro organismo soffrirà di disfunzioni, insonnia, disturbi digestivi… In una visita medica ayurvedica il medico stabilisce qual è il nostro dosha analizzando i polsi e facendoci rispondere a una serie di domande, e le sue prescrizioni terranno sempre conto del corpo ma anche dello spirito: disintossicazione e rigenerazione in primo luogo grazie alla farmacopea ayurvedica, dieta rigorosa, massaggio e meditazione.

IL TAI CHI
Il Tai Chi Chuan, è un’arte marziale basata sull’equilibrio tra forza e debolezza, rigidità e morbidezza…
Una disciplina di vita
Per la medicina tradizionale cinese, il Tai Chi è una tecnica di longevità: a lungo termine la pratica del Tai Chi favorisce la circolazione armoniosa del Chi (o Qi), l’energia vitale e lavorando in profondità sulle articolazioni il Tai Chi mantiene il corpo agile, stimola il funzionamento degli organi vitali migliorando la circolazione e la digestione, e infine ritarda gli effetti dell’invecchiamento.
Il Tai Chi è anche una vera e propria disciplina di vita: a forza di concentrazione (respirazione tranquilla e precisione dei movimenti) e di perseveranza (l’apprendimento del Tai Chi è molto lungo, soprattutto è difficile imparare la concatenazione e la coordinazione dei movimenti…), la pratica di questa arte marziale insegna a superare l’agitazione e l’aggressività che ci abitano, per accedere finalmente alla serenità e affrontare con calma qualsiasi situazione.

QI GONG
Letteralmente “Qi Gong” significa “controllo dell’energia”. Secondo la cultura orientale l’uomo, nutrito dalla terra e collegato al respiro dell’universo, è energia. Il Qi che circola nel corpo attraverso i meridiani entra ed esce attraverso i numerosi punti dell’agopuntura, che lo collegano all’ambiente e al cosmo…
Il Qi Gong è una ginnastica cinese tradizionale di antichissima tradizione ed è profondamente legata alla cultura del buddismo e del taoismo, alle arti marziali e alla medicina tradizionale cinese di cui costituisce uno dei perni fondamentali.
Il Qi Gong si presenta come un insieme di tecniche corporee (posizioni sedute o in piedi, movimenti lenti), respiratorie (lavoro sul respiro) e mentali (lavoro di concentrazione attiva per sviluppare la coscienza).
Rilassamento mentale e corporeo, piacere di muoversi in armonia nello spazio, di questo è fatto il Qi Gong.
Grazie al lavoro sulla respirazione, questa millenaria disciplina favorisce la circolazione dei flussi energetici. Il Qi Gong mira a riconciliare il corpo e lo spirito, e a riscoprire una vitalità minata dalla vita moderna.
I movimenti lenti e non violenti, controllati e associati a esercizi di respirazione e di concentrazione dello spirito permettono di sciogliere le tensioni che si accumulano nel corpo e nella mente
L’obiettivo del Qi Gong è la circolazione armoniosa e fluida dell’energia attraverso l’insieme del corpo. Si tratta insomma di una metodica utilissima per relazionare i diversi sistemi – organi, tessuti, alto e basso, destra e sinistra…,e per alimentare la relazione tra corpo e mente, per controllare meglio le emozioni.
Per raggiungere l’armonia del gesto e del respiro si concentra l’attenzione simultaneamente sulle diverse parti del corpo implicate nel momento e percepite globalmente come un’unità, in modo che i movimenti del Qi Gong non sono mai meccanici, ma organici. La pratica regolare di questa disciplina apporta benessere, distensione, equilibrio emotivo e miglioramento della salute. Utilizzati in Cina come coadiuvanti nel trattamento delle malattie cardiovascolari, reumatiche e neurologiche, gli effetti benefici del Qi Gong sulla salute e il benessere fisico sono riconosciuti sempre di più – per esempio in Germania il Qi Gong è rimborsato dalla mutua. Il Qi Gong si presta a numerose applicazioni sia sul piano psicologico, sia su quello medico o sportivo: favorisce il risveglio spirituale, aiuta a prevenire le malattie e l’invecchiamento, cura il nervosismo, l’insonnia e la costipazione, è un toccasana per il mal di schiena e i problemi di peso, l’ipertensione, l’asma… Ma il Qi Gong serve anche come base delle arti marziali per sviluppare la performance degli atleti di alto livello e curare i microtraumatismi causati dal sovrallenamento.
Questa disciplina agisce sullo stato generale della persona riducendo la fatica, migliorando il sonno e regolarizzando l’appetito. Molto velocemente ci si sente più calmi e distesi, e meno affaticati.
Gli esercizi migliorano la postura della schiena e la tonicità muscolare, e svolgono un’azione equilibrante anche sugli organi interni del corpo – cuore, polmoni, reni…, da cui deriva un migliore equilibrio generale e un’energia vitale molto più intensa. Benefico per molti disturbi psicosomatici, il Qi Gong aiuta a ritrovare l’equilibrio psichico e a ridurre e controllare l’ansia, l’angoscia e i sintomi depressivi. Insomma, la tranquillità mentale è indotta dal rilassamento del corpo e dal controllo della respirazione.
Il Qi Gong non è basato sulla forza fisica e neppure sulla performance atletica.



I metodi occidentali


IL METODO FELDENKREIS
Il metodo Feldenkrais è basato sugli stessi processi senso-motori che organizzano il sistema nervoso dei neonati e che consentono all’adulto di conservare una certa flessibilità nel corpo e nello spirito, e di scoprire in sé nuove attitudini lungo tutto l’arco della vita: chiunque può andare incontro al benessere e al gusto di sentirsi meglio sia nel quotidiano, sia nelle performance artistiche, sportive o intellettuali, indipendentemente dall’età anagrafica.
Secondo Moshe Feldenkrais, inventore del metodo, il movimento è alla base della presa di coscienza di ciò che l’individuo prova internamente, e rappresenta quindi un accesso privilegiato al funzionamento del sistema nervoso. Il movimento è quindi sia rivelatore del funzionamento del sistema nervoso, sia un mezzo per apprendere cose nuove.
Feldenkrais ha articolato il suo lavoro secondo due approcci: le sedute collettive di “presa di coscienza attraverso il movimento” e le sedute individuali di integrazione funzionale: come in questa immagine, il terapeuta tocca il paziente attraverso una serie di movimenti dolci a precisi. Nelle sedute collettive proposte dal metodo Feldenkrais gli allievi sono guidati dalla voce dell’insegnante e imparano per imitazione. I movimenti variano continuamente per sollecitare la curiosità, ma anche per invitare a un’attenzione mobile, vivida.
Vero e proprio specchio cinetico, le sedute di presa di coscienza attraverso il movimento aiutano le persone a sviluppare un repertorio di movimenti e a esplorare altre variazioni, altre vie neurologiche e altre opzioni per liberarsi dai movimenti compulsivi e dalle cattive abitudini.
I movimenti di esplorazione saranno effettuati con uno sforzo ottimale per affinare la sensazione di essere in movimento. Più che un lavoro posturale, il metodo Feldenkrais è una ricerca di coordinamento dinamico anche associato al suono: apprendimento non lineare, ma comunque metodico, il metodo insegna a prestare attenzione alla qualità del movimento piuttosto che a un obiettivo specifico, a come facciamo le cose per farle in modo diverso, piuttosto che per farne di più. Le cattive abitudini spariscono progressivamente per lasciar posto alla curiosità sulle conseguenze reali e oggettive dei minimi aggiustamenti corporei. Questa aumentata coscienza di sé nel movimento in generale conduce a migliorare le proprie capacità cinestesiche e aiuta a controllare meglio il proprio corpo oltre a rappresentare un validissimo rimedio per i dolori della schiena




LA TERAPIA CRANIOSACRALE

La terapia craniosacrale pone un'attenzione particolare al ritmo craniosacrale che si sviluppa dalla testa fino all'osso sacro lungo la colonna vertebrale, dovuto ad una rotazione intorno all' asse centrale da parte dello scheletro su ciascun lato del corpo.
Questo movimento, quasi impercettibile, che si ripete, se l'organismo è sano, circa dodici volte al minuto, può essere avvertito al tatto e fornire indicazioni sullo stato di salute della persona.

Tutto il corpo è costituito da una complessa serie di muscoli e legamenti, nonché di tessuti connettivi che si dispongono intorno alla struttura scheletrica, e sono contenuti dalla membrana cutanea. La malattia produce contratture nella struttura osteomuscolare che a loro volta producono una variazione del ritmo craniosacrale.
La terapia craniosacrale analizza il ritmo craniosacrale, lo stato di tensione delle fasce muscolari, che contraendosi possono schiacciare gli organi interni, ridurre il movimento del diaframma e quindi limitare il respiro, e così via. Lavorando su alcuni punti particolarmente sensibili della struttura ossea della testa e della colonna vertebrale, si ottiene un rilasciamento delle contratture ed un miglioramento del ritmo craniosacrale, liberando dalle tensioni, riportando nuova linfa in parti del corpo da troppo tempo impoverite da una cattiva circolazione energetica.


LA CHINESIOLOGIA
La chinesiologia è una tecnica diagnostica e terapeutica, che considera l’essere umano come un sistema integrato, in cui ogni sua parte è al contempo autonoma.
Il sistema richiede tuttavia alle singole parti di partecipare all’equilibrio biochimico, biofisico e psicologico, per il raggiungimento dell'armonia o dell'omeostasi. In caso contrario, vivendo la singola parte in un sistema integrato provocherà in tutto il sistema un disequilibrio che potrà manifestarsi con l’alterazione di una o più parti del sistema o di tutto il sistema.
La chinesiologia nasce nel 1960 a seguito delle ricerche muscolari del dr. George Goodheart, il quale era giunto alla teoria dell'equilibrio muscolare partendo dalla considerazione che l'allineamento della colonna vertebrale era la conseguenza di uno spasmo muscolare o di una eccessiva tensione di in muscolo. Egli, sulla base anche di studi sulle antiche tradizioni mediche orientali, arrivò alla consapevolezza che alcuni muscoli si collegano più specificamente ad uno degli organi interni perchè relazionati a quell’organo con un vaso linfatico o con un meridiano energetico. La debolezza o la sofferenza di un organo interno si riverbera dunque anche sullo stato di salute dei muscoli che partecipano della vita di quell’organo. Il metodo della chinesiologia tuttavia non tratta un muscolo o un organo, ma investe tutta la persona.


LA TECNICA ALEXANDER
"The Alexander technique is a way of learning how you can get rid of harmful tension in your body."" Although certainly not a full definition of the Alexander Technique, this is a good start.
"The Alexander Technique is a method that works to change (movement) habits in our everyday activities. It is a simple and practical method for improving ease and freedom of movement, balance, support and coordination. The technique teaches the use of the appropriate amount of effort for a particular activity, giving you more energy for all your activities. It is not a series of treatments or exercises, but rather a reeducation of the mind and body. The Alexander Technique is a method which helps a person discover a new balance in the body by releasing unnecessary tension. It can be applied to sitting, lying down, standing, walking, lifting, and other daily activities..."
The Technique's basic idea is that when the neck muscles do not overwork, the head balances lightly at the top of spine. The relationship between the head and the spine is of utmost importance. How we manage that relationship has ramifications throughout the rest of the body. As the boss -- good or bad -- sets the tone for an organization, the head / spine relationship -- compressed or free -- determines the quality of the body's overall coordination. Our neuromuscular system is designed to work in concert with gravity. Delicate poise of the head sparks the body's anti-gravity response: a natural oppositional force in the torso that easily guides us upward and invites the spine to lengthen, rather than compress, as we move. Instead of slouching or holding ourselves in a rigid posture, we can learn to mobilize this support system and use it wherever we go -- in the car, at the computer, in the gym.
Young children have this natural poise. If you watch a toddler in action, you will see an erect spine, free joints and a large head balancing easily on a little neck. A healthy child walks and plays with regal posture. Barring birth defects, we all began that way. But over the years, we often lose that spontaneity and ease.
Using the Alexander Technique, you can learn to strip away harmful habits, heighten your self-awareness, and use your thought process to restore your original poise. In a way, you are learning something that, deep down, your body already knows.
With the Alexander Technique, you come to understand much more about how your body works, and how to make it work for you. You can tap more of your internal resources, and begin on a path to enhancing your comfort and pleasure in all your activities.


L’ANTIGINNASTICA
L’antiginnastica è stata inventata negli anni ’70 da Thérèse Bertherat, kinesiterapeuta, che si è ispirata a tre grandi per arricchire il suo metodo: da Wilhelm Reich, psicoanalista, per le sue scoperte sull’energia e le corazze corporee; a Françoise Mézières, incontrata nel 1972, per “riconoscere la forma perfetta, che è la sola morfologia sana”, e infine a Lili Ehrenfried, che già lavorava sull’equilibrio delle due lati del corpo.
L’incontro con se stessi
L’ antiginnastica parte dal far incontrare il proprio corpo, i propri sensi e le proprie emozioni. L’istruttore chiede agli allievi di mantenere posizioni normalmente accettabili per l’anatomia umana, un’occasione che dà la possibilità di descrivere la propria organizzazione muscolare e articolare, e di mostrare a ciascun allievo i propri punti di blocco. Attraverso piccoli movimenti – i preliminari – ciascun allievo è incoraggiato a sciogliere le tensioni della muscolatura e a entrare in contatto con le sue emozioni e sensazioni. Si fa il punto sulle parti di sé che si sentono pesanti o leggere, calde o fredde, si prende contatto con zone del corpo ignorate o dimenticate e si prende coscienza della diversità tra il lato sinistro e il lato destro del corpo. Insomma, ci si esplora…
Da sembrare a essere
Ossessionati dalla nostra immagine, molti di noi non vivono veramente il proprio corpo, e poiché ne abbiamo solo una visione parziale, ci percepiamo in maniera frammentaria.
Quasi nessuno presta attenzione alle proprie parti basse (piedi, basso ventre…) che in genere disprezziamo, mentre stimiamo moltissimo la testa e le spalle, che teniamo perennemente contratte, perché queste parti del nostro corpo rappresentano la nostra autorità o la nostra dignità. Eppure, per “abitare” il proprio corpo bisogna percepirlo tutto, fino alle sue parti più “insignificanti”
Appropriarsi del corpo
Il corpo ha una memoria, secondo Bertherat, per cui ogni tensione muscolare è legata a una tensione emotiva – per esempio quando soffriamo psicologicamente tendiamo a contrarre i muscoli. Durante una seduta di antiginnastica si può ritrovare l’origine di una certa tensione
Liberare la propria forza
Non è nel motore che sta la nostra tigre, ma nella nostra schiena. Immaginando un felino, Bertherat ha voluto farci prendere coscienza di tutta l’energia concentrata nella parte posteriore del nostro corpo: la nuca, i reni, i glutei, il retro delle cosce e delle gambe, la pianta dei piedi e le loro dita formano una catena muscolare ininterrotta. In altre parole, esiste uno squilibrio tra la potenza della parte posteriore e quella della parte anteriore: inibita e resa inefficace, quest’ultima viene sottoposta a particolari movimenti: per esempio noi abbiamo solo 4 muscoli nella parte anteriore del collo, e ben 22 nella nuca… Allungare questi muscoli posteriori consente perciò di riequilibrare la forza, conferendo tono alla parte frontale del corpo. Così, invece di raccomandare di fare tanti addominali, Thérèse Bertherat suggerisce di fare il contrario: “sciogli la muscolatura della schiena, e solo dopo vedrai il ventre appiattirsi”
Percepirsi come un tutto
Tutti gli elementi della nostra muscolatura sono collegati tra di loro: se muoviamo la nuca, la schiena reagisce. Poiché esiste una corrispondenza tra gli orifizi del corpo, lavorare sull’apertura della bocca può esercitare un’azione sul perineo… Questa teoria è evidentemente ispirata alla riflessologia plantare, una pratica della medicina tradizionale cinese che come l’agopuntura promuove la coscienza del corpo come una totalità .

LO STRETCHING
”La ginnastica che coltiva l’eleganza: allunga i muscoli, distende la schiena, affina la linea…
Per la maggior parte delle persone lo stretching si riassume in una parola sola: stirare – ti stiri come un gatto e già ti senti diverso, in totale spontaneità contrai e decontrai braccia e gambe, e ti lasci andare. Relax . L’armatura si sgretola in un respiro liberatorio. Questi gesti riflessi non sono sufficienti a scacciare tutte le tensioni accumulate davanti al computer, in macchina e in tutte quelle migliaia di posizioni sbagliate della vita moderna. La pratica regolare dello stretching conferisce una postura corretta che nel tempo diventa naturale, e ti raddrizza. “
Con queste parole viene reclamizzato lo stretching che di fatto è la banalizzazione più superficiale delle pratiche sopra indicate, ma ha ottenuto un successo strepitoso in America, forse proprio per la sua inconsistenza culturale.La pratica costante di questo metodo rischia spesso di dare risultati contrari ai desideri del praticante.

IL METODO PILATES
Un allievo, un professore e una serie di macchine: importata dagli Stati Uniti, questa tecnica insegna ad allungarsi per sentirsi più leggeri...
Tavole e materassi presi in prestito dalla kinesiterapia, ma attrezzati con rotaie, ruote, ingranaggi… A prima vista uno studio di Pilates sembra pieno di strumenti di tortura.
.Creato negli anni ’20 da Joseph Pilates (1880-1967) un tedesco nato rachitico, asmatico e tormentato dai reumatismi, per migliorare la propria condizione fisica, conosce oggi un successo importante.
L’obiettivo del Pilates è il controllo del centro del corpo (i muscoli addominali e i glutei), e l’ ”in and up”, cioè la retroversione del bacino.
Difficile da descrivere per quanto è adattata ai bisogni e alle possibilità fisiche di ciascuno, questa tecnica impiega degli apparecchi speciali per distendere i muscoli al massimo, dando la possibilità di sentire esattamente su quale fascia muscolare si sta operando. Questi stiramenti passivi si combinano al lavoro isometrico, cioè in tensione statica, ed eccentrico, cioè in movimento. Il metodo rappresenta quindi un controllo del movimento che comprende la muscolatura, la scioltezza, la coordinazione, l’allineamento, l’equilibrio e la respirazione. L’istruttore di Pilates è un vero e proprio personal trainer: segue ciascun allievo (per un massimo di 3 o 4 per lezione) e ne guida gli esercizi, dà il ritmo giusto alla respirazione e sorveglia le posizioni assunte dagli allievi – insomma, opera nel miglior modo per ridurre gli errori e massimizzare i risultati, perché bisogna pur ammettere che tenere il ventre e i glutei serrati mentre si piegano le ginocchia con i piedi aperti, tenendo dritte le spalle e respirando in cinque tempi non è proprio facilissimo, e soprattutto, non si impara alla prima lezione. Per capire un esercizio di Pilates bisogna concentrarsi nell’eseguirlo al massimo della qualità. Ogni singolo esercizio viene ripetuto per non più di cinque volte, e non è grave non riuscire a farlo correttamente agli inizi: il controllo dell’istruttore su ogni singolo allievo evita tra l’altro di farsi male. La qualità di esecuzione richiesta dal Pilates si acquisisce con il tempo e le ripetizioni, intanto che aumenta una piacevole sensazione di calore. La lentezza non è sistematica, perché può creare tensioni e dolori mentre movimenti più rapidi li possono evitare. Due lezioni due o tre volte alla settimana per almeno tre mesi sono il minimo per sentirsi più leggeri e rimettersi in forma



L’EQUITAZIONE


Chi ha letto attentamente queste sommarie presentazioni credo che già possa trarre elementi e considerazioni sui punti di contatto che l’insieme di queste pratiche può avere con l’equitazione.

Da anni in modo empirico il contatto tra il mondo del disagio fisico e psichico ed il mondo del cavallo sta meravigliando gli “esploratori” con risultati a volte stupefacenti.
Il disagio fisico trova per ora, non certo soluzioni, ma soddisfazioni che migliorano la qualità della vita di molti giovani, il disagio psichico e sociale ha scoperto nell’equitazione un coadiuvante importante per aiutarne il recupero.
Queste esperienze trovano più facilmente punti di scontro su elementi marginali organizzativi che punti di incontro sulla riflessione scientifica, che doverosamente i risultati positivi fin qui ottenuti dovrebbero richiedere. Sono convinto che approfondimenti in tal senso potrebbero sviluppare risultati consistenti ancora non valutabili
Sono convinto altresì che i risultati che gli addetti all’ippoterapia sono riusciti ad ottenere nei due settori del disagio, psico-sociale e fisico, possono essere indubbiamente migliorati consistentemente se allargheremo l’esperienza verso la conoscenza più approfondita di alcune di queste metodiche tradizionali e non.
Ma, senza dubbio, ritengo importante rivolgere l’attenzione verso il mondo dei cosiddetti sani, che meglio definirei non coscienti portatori di disagio socio-psico-fisico.
L’equitazione può essere un grande sussidio per il recupero dell’equilibrio psichico e fisico per tutti i portatori di disagio, ovvero per gran parte della collettività.

Analizziamo quanto sopra riportato delle filosofie orientali e delle tecniche fisioterapiche occidentali moderne; possiamo rintracciare alcuni elementi comuni:
• la respirazione riconosciuta come fonte energetica di armonia;
• la distensione delle muscolatura dorsale e la rotazione della colonna sul suo asse, quali elementi portanti per il riequilibrio non solo posturale, ma soprattutto degli organi a questi collegati, con una rafforzamento della collaborazione equilibrata delle loro funzioni;
• la dinamica sciolta, rilassata ed equilibrata degli arti, che partecipano alla circolazione energetica, o, più occidentalmente, all’armonico rilassamento del corpo.
• l’aumento della propriocezione ovvero la capacità di sentire il proprio corpo , sotto il controllo iniziale di uno yogi o di un personal tainer, che inducono questo sviluppo propriocettivo col controllo attimo per attimo della correttezza del movimento.
• infine il riflesso immediato dello sviluppo del movimento nella sua interezza, colto nella correttezza dell’esecuzione, quale espressione del raggiungimento dell’armonia.
Come non pensare all’equitazione?
• Respirazione addominale profonda costante,
• movimento come base della presa di coscienza di ciò che l’individuo prova internamente la pratica è pertanto eseguita per sé stessa, senza preoccuparsi del risultato(yoga)
• equilibrio tra forza e debolezza, rigidità e morbidezza…(tai-ci)
• Rilassamento mentale e corporeo, piacere di muoversi in armonia nello spazio (Qi-Cong)
• Il movimento come rivelatore del funzionamento del sistema nervoso e coordinamento dinamico per apprendere a come facciamo le cose e farle in modo diverso, piuttosto che per farne di più. ( Feldenkreis)
• ritmica craniosacrale,
• method that works to change (movement) habits in our everyday activities(Alexander-tecnique),
• superamento della visione parziale e frammentaria del corpo; allungamento dei muscoli posteriori per consentire il riequilibrio della forza (antiginnastica)
• retroversione del bacino (metodo Pilates)
che altro è l’equitazione se non la sintesi di questi elementi.
Non parlo ovviamente dell’equitazione sportiva, che non ha nulla a che fare con quanto soprariportato anzi per gli atteggiamenti posturali scorretti, rigidi, privi di scioltezza e di “respiro” oltre che finalizzati ad obbiettivi specifici e quindi poco attenti allo sviluppo propriocettivo, tende ad aumentare il disagio fisico per non parlare di quello psichico incrementato anche dall’ansia di prestazione e dal senso di insoddisfazione e frustrazione che quasi costantemente ne consegue. Condizioni raramente compensate dal benessere che la vicinanza del cavallo, animale considerato “magico” può dare anche solo nella dimensione di “pet-therapy”.
Parlo di un modo di equitare che si ricollega al classicismo e rintraccia nelle posture e nelle dinamiche di quell’equitazione filoni riconducibili senza grosse difficoltà ad elementi propri delle nuove e antiche “fisioterapie”.
L’indipendenza degli aiuti che deriva da una ricerca propriocettiva particolarmente sottile conquistata con il rilassamento tonico e con il controllo della respirazione può essere un primo esempio, perfino banale, di collegamento, ma ancor di più la ricerca dell’assetto che richiede non solo un affinamento della propriocezione e del controllo del respiro, oltre a dinamiche intrinseche che si avvicinano a posizioni yoga con un allungamento e rotazione delle colonna vertebrale che richiamano l’antiginnastica, il metodo Feldenkreis e il metodo Alexander , il tutto nella continuità di un movimento indotto che ha caratteri ondulatori e oscillatori che si avvicinano alle tematiche dell’acqua con ciò che questo elemento induce. La possibilità di rilevazione immediata della correttezza dell’esecuzione e quindi dell’atteggiamento dinamico posturale evidenziato istantaneamente dalla risposta del cavallo,
Allora non è tanto fantasioso ed assurdo ciò che riporta Baucher nel suo dizionario alla voce equitazione, quando la recupera storicamente come terapia proposta per molte malattie croniche ed acute da illustri medici dell’antichità da Ippocrate ad Avicenna , da Svetonio e a Sydenham: e’ assai probabile ritenere che oltre alle specifiche indicazioni terapeutiche in cui era consigliata come medicamento, per le costipazioni, per i catarri e per i dolori reumatici, in modo empirico, o addirittura inconsapevolmente, l’equitazione avesse rappresentato nei secoli passati un vero modo per “ ben-essere preventivamente”. La postura diritta, distesa e sciolta in cui sono rappresentati nei tanti quadri i cavalieri fanno pensare a una forma di fisioterapia spontanea ed inconsapevole che faceva del cavaliere anche un uomo nobile perché in salute. Riscoprire quell’equitazione ai giorni nostri è senza dubbio un passo in avanti per il nostro benessere.


lunedì 6 giugno 2005, 9:08
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Vi lascio un'immagine che mi è molto cara, e la lascio senza commenti:

Lui era Nuno Olivera:



. [img]/public/uploaded/forum/Nicola/20056691944_nuno%20olivera%201.jpg[/img] 31,89 KB


lunedì 6 giugno 2005, 9:19
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Che meraviglia...ho praticamente divorato quello che hai postato....
Conosco molto bene il QI GONG,perchè due anni fà ho fatto un corso intensivo di Tuina (ovviamente legato ai cavalli),che è un massaggio orientale...Il nostro relatore,prima di farci lavorare con i cavalli,ci faceva sempre fare esercizi per liberare il Chi...e' una cosa incredibile....riesci a leggere il corpo del cavallo in una maniera nuova....senti perfettamente l'energia che sprigiona....e la sua intensità...è come un muro invisibile...Riesci a lavorare senza stancare la mente e il corpo...La sensibilità rispetto al corpo del cavallo aumenta...riesci a sentire il "caldo" o il "freddo" quando vai a toccare la pelle del cavallo....(non intendo il caldo che si sente quando un cavallo ha male...tipo piedi caldi...).
Mi è difficile spiegarvi le sensazioni...perchè solo provando si possono comprendere....ma credetemi,è come se si aprisse un'altro mondo......[:)][:)]

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Erpetologo Steve Irwin (Crocodile Hunter).


lunedì 6 giugno 2005, 11:29
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Beh Red, Io sono disponibile a guidare un week end sulla liberazione del Chi, basta organizzarsi e io ci sono!![;)]


lunedì 6 giugno 2005, 11:39
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dai,quando vengo a vedere la Mucca,ti "insegno"(che paroloneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee[:I][:I][:I][:I])molto volentieri quello che ho imparato ....In teoria,se tutto va bene(perchè il relatore ha avuto problemi quest'anno e non è potuto venire in italia)il prossimo anno faccio il master avanzato..Speriamo bene....altrimenti devo andare fuori italia....ma tu sai che al momento non posso[:(][:(]

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lunedì 6 giugno 2005, 11:45
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Volendo, io posso farti provare la medizazione zen!![;)]


lunedì 6 giugno 2005, 11:47
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Magari!!!!!Adoro imparare cose nuove!!!

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lunedì 6 giugno 2005, 12:22
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Vedrò di sfoderare ogni mio talento![;)]


lunedì 6 giugno 2005, 12:30
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<b>Principi classici dell’arte di addestrare i cavalli</b>

«In queste pagine, io non ho voluto imporre un metodo ritenendolo l’unico applicabile per addestrare correttamente un cavallo. Ma i molti anni di pratica e di meditazione mi hanno portato alla convinzione che soltanto la strada che porta il cavaliere a non impiegare continuamente la forza crea dei cavalli che trovano piacere a lavorare... Io ho voluto trasmettere ai cavalieri che si interessano all’addestramento l’idea della ricerca della leggerezza, quella leggerezza che è sempre stata la preoccupazione maggiore dei grandi maestri che hanno arricchito l’Arte equestre con la loro esperienza e il loro insegnamento. Ognuno di essi, attraverso gli scritti che ci hanno lasciato, ha messo in primo piano la necessità della leggerezza e della delicatezza nell’impiego degli aiuti. Malauguratamente, questa nozione si è oggi un poco persa. Se qualche cavaliere mi seguirà nel riflettere su questo problema e cercherà di avere il proprio cavallo leggero, io mi sentirò largamente ricompensato perché avrò contribuito a far sì che i loro cavalli divengano animali soddisfatti durante il lavoro.
L’osservazione, la riflessione e la lettura, unite alla pratica saranno in grado di dare questa più approfondita conoscenza. Ed è il frutto di quarant’anni di osservazioni, riflessioni, di letture e di pratica che io ho voluto trasmettere ai cavalieri in queste pagine. E ciò perché alla fine, pensando agli istanti di bellezza passati con i propri cavalli, tutti siano convinti che l’equitazione è un’Arte».

Nuno Oliveira


lunedì 6 giugno 2005, 19:00
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<b>"L'attitudine mentale nell'approccio col cavallo – Alla
riscoperta di sicure basi per insegnare l’equitazione."
di Fabio Manzetti specialista in psicologia, agopuntura e </b>

massaggio per equini - Tomter - Norvegia

INTRODUZIONE
Poter comprendere il proprio cavallo e' fondamentale per

conquistarne la fiducia ed il rispetto. Il cavallo e' un

individuo con proprie emozioni ed una propria personalita'

esattamente come noi esseri umani e merita rispetto per cio'

che e'. Questo meraviglioso individuo aristocratico e pur

docile e servizievole ci dara' tutto di se' solo se sapremo

capirne le emozioni e dargli fiducia. Solo cosi' potremo

diventarne il leader amato e rispettato.
Questi concetti non sono per niente nuovi ed i vecchi uomini

di cavallo, di cui ormai ne sono rimasti ben pochi, li hanno

sempre usati. Andando ancora piu' indietro nel tempo, i

boscaioli ed i contadini della società rurale-agricola

avevano nei loro cavalli un compagno di lavor inseparabile

con quale comunicavano senza parole - quasi telepaticamente.

Andando ancora piu' indietro nei tempi, indiani del Nord

America e cow boys dovevano poter contare ciecamente sui

propri cavalli, pena la morte in battaglia.
Dunque la comunicazione uomo-cavallo basata sui principi

naturali ed istintivi del cavallo non e' una invenzione degli

ultimi dieci o venti anni anche se è grazie al lavoro che il

californiano Monty Roberts ha fatto con i cavalli della

Regina Elisabetta che questa materia è arrivata alla

ribalta.
Pur avendo una matrice comune, si sono sviluppate pratiche

diverse di realizzare questa comunicazione ed i metodi piu'

noti sono quelli di Monty Roberts, Pat Parelli, Tom Dorrance

e Klaus Ferdinand Hempfling.

COME COMUNICA IL CAVALLO?
Il paradigma comunicativo del cavallo si basa su:
1. Movimenti del corpo, quasi completamente senza suoni.
2. Fuggire da tutto ciò che ha connotati di stress o di

pericolo.
3. Obbedire al leader del gruppo, pur verificando

regolarmente che il leader sia degno del suo ruolo.
4. Il cavallo non moralizza, risponde agli stimoli.

Pertanto vive in un mondo “adesso e qui”.

A questo proposito, è importante rilevare la fondamentale

differenza fra il paradigma comunicativo del cavallo -

animale predato, erbivoro e di mole notevolmente maggiore

dell’uomo - e quello del cane - animale predatore, carnivoro

e di mole facilmente dominabile dall’uomo. (Questo tema verrà

approfondito nel corso della relazione).

COME COMUNICA L’UOMO?
Il paradigma comunicativo dell’uomo si basa su:
1. Comunicazione verbale molto importante. (Pericolo: Le

parole spesso celano la verità invece di farla risaltare.)
2. Focalizzazione spesso estrema su ciò che appare, non su

ciò che è.
3. Estrema attenzione a come gli altri ci giudicano. Paura

di non soddisfare gli altri.
4. I movimenti del corpo, tuttavia, svelano spesso le

nostre vere emozioni. Il cavallo non si può ingannare su

questo punto!
5. Attitudine mentale basata sul postulato che “l’attacco

è la migliore difesa.”

LE 6 REGOLE DELL’ETOLOGIA EQUINA
1) L’allenamento del cavallo comincia nel momento in cui

ci avviciniamo al cavallo.
2) Tratta il cavallo con rispetto, riceverai rispetto e

disponibilità.
3) Coerenza, Serenità e Decisione sono le tre qualità del

leader. Tu sei il capo branco e senza queste qualità non ne

avrai la fiducia.
4) Quando ti sei conquistato questa fiducia, hai anche

assunto la responsabilità di condurre il branco lontano dai

pericoli.
5) Regolarmente, i membri del branco testeranno le tue

qualità di capo. E’ naturale. Il cavallo ha vissuto milioni

di anni, grazie a questa qualità ed alla sua velocità nello

sfuggire ai pericoli.
6) Pensa all’allenamento del cavallo come ad un gioco. Il

tuo ruolo come leader del gruppo è di motivare il cavallo a

fare ciò che desideri.


COME UTILIZZARE LE BASI ETOLOGICHE PER MIGLIORARE

L’INSEGNAMENTO DELL’EQUITAZIONE
L’esperienza dimostra che l’adozione di queste regole non

solo migliora il rapporto uomo-cavallo, ma permette all’uomo

di raggiungere una condizione di maggiore armonia interiore

con effetti positivi che vanno ben al di là del rapporto con

cavallo e che infatti abbracciano il vsto reame dei rapporti

interpersonali. E come nei rapporti interpersonali, in cui

ogni individuo costruisce su una piattaforma comunicativa

comune, anche qui il singolo può usare tutta la sua

creatività nello stabilire il suo rapporto con il cavallo –

ovviamente nel rispetto delle leggi fondamentali della

comunicazione equina.
Soltanto dopo aver acquisito quell’armonia interiore si

riesce a immedesimarsi nel nostro ruolo di cavaliere e di

leader del gruppo. Soltanto allora si potrà capire appieno il

valore della comunicazione isodinamica che è alla base di una

equitazione naturale, col minimo di aiuti e strumenti esterni

al corpo del cavaliere.
Per chi prepara gli istruttori, dovrebbe essere importante

mettere in evidenza la validità di questa modalità

comunicativa, adoperandosi nel contempo affinchè questa venga

trasmessa con quel pluralismo di angolature che è insito

nella comunicazione interpersonale.
Per un istruttore di equitazione è importante sia prepararsi

su questo tema per il proprio arricchimanto professionale,

sia assicurarsi che l’allievo possieda e pratichi i principi

dell’etologia per poter costruire su questa base tutto

l’allenamento montato – a pelo e con la sella - che

costituisce la parte centrale del corso di equitazione.


giovedì 15 settembre 2005, 14:55
Messaggio 
<b>" UN NUOVO INSEGNAMENTO PER UNA NUOVA EQUITAZIONE."
Di Giancarlo Mazzoleni, presidente della Società Italiana di Arte Equestre Classica, Equitazione sentimentale </b>


Finalmente anche la scuola italiana gode di un autonomia che consente ai vari istituti scolastici di formulare nuove esperienze didattiche. Questa novità in campo scolastico nazionale deriva da una visione in cui la diversità è considerata una ricchezza, mentre la programmazione unitaria, uguale per tutti, costituisce una sorta di freno all’intelligenza, alla sperimentazione, alla stessa evoluzione culturale.
In equitazione da sempre l’autonomia d’insegnamento è stata la ricchezza che rispecchiava la definizione di arte. Il periodo più glorioso dell’equitazione italiana, il Rinascimento, vedeva la presenza di decine di scuole d’arte e alcuni dei cavallerizzi, così allora si chiamavano i maestri di equitazione, rimangono come esempi storici, Pignatelli, Grisone, Fiaschi, Santapaulina sono nomi noti in tutto il mondo perché loro, insieme ad altri meno noti, portavano per le vie d’Europa il verbo dell’arte equestre Italiana.
Durante i secoli successivi l’equitazione ha sempre mantenuto questa sua varietà di insegnamento che rispecchiava le tendenze filosofiche e le necessità dei tempi. Il Barocco con la sua eleganza, l’Illuminismo con la sua ricerca scientifica, il Romanticismo con suo spirito eroico hanno espresso modi di interpretare il cavallo assai differenti fra loro. Scontri non solo verbali hanno sottolineato in questo secolo la passione e l’ardore con cui le differenti tendenze “artistiche “equestri si confrontavano. Miglia di libri testimoniano la ricchezza che l’arte equestre contiene in sé.
Nel passato oltre che macchina da guerra, compagno di divertimento, monumento artistico, mezzo per esprime maestria ed estro, il cavallo è stato considerato anche elemento di supporto alla salute del cavaliere, tanto che uno tra i tanti, Thomas Sydenham (1624-1689) illustre medico a cui per circa duecento anni si è ispirata la medicina Inglese, consigliava l’equitazione per molti malanni, dalla scoliosi alle forme artrosiche, dalle forme respiratorie alle forme nervose.
Noi, uomini moderni, non possiamo che convalidare ciò che Vecchi saggi maestri di cavallo e di vita sostenevano, ogni volta che sottolineiamo i successi dell’ippoterapia sia nel caso si tratti di terapia vera e propria, sia che rimanga solo nella sfera dell’attività di sostegno ai portatori di disagio fisico, psichico o sociale.
Ma volendo allargare questo orizzonte possiamo dire che il cavallo oggi, come allora, può essere considerato un ottimo sostegno “terapeutico” per tutti noi, che ci ostiniamo a considerarci i normali, ma che del nostro corpo e della nostra mente, facciamo un uso sconsiderato.
Pensare che tutto questo enorme bagaglio culturale, artistico, tecnico e scientifico possa essere sostituito da un insegnamento estrapolato esclusivamente dalle esperienze della competizione e che sportivi, pur abili, il più delle volte senza nessun retroterra culturale, possano essere i garanti dello sviluppo dell’arte equestre, è, se non altro, un atto di presunzione che nasce da una sopravvalutazione delle proprie esperienze e da una assoluta ignoranza della cultura del cavallo.
Il rifiuto dell’equazione cavallo=concorso e soprattutto la pochezza culturale e tecnica contenuta nei metodi di insegnamento a questa equazione ispirati, ci ha indotto prima a mettere a disposizione dei cavalieri italiani i testi dell’equitazione classica, tradotti da noi per la prima volta, e successivamente a percorrere la strada della ricerca per individuare un metodo tra i mille proposti dai vecchi maestri che rispondesse ad un desiderio che ci sembri sempre più diffuso: equitare con e per piacere nel massimo rispetto del cavallo, della sua struttura fisica e psichica.
Così abbiamo dato vita al Centro Studi di Equimozione e Isodinamica sotto l’egida del “Sogno del centauro”.
Il centro ha come scopo lo studio dell’attività cinetica del cavallo e le conseguenze che sorgono dal rapporto tra questa e l’attività cinetica volontaria o involontaria del cavaliere. L’approfondimento di questo studio, coi supporti tecnici che i nostri tempi ci consentono, ci ha portato a conoscenze più chiare delle relazioni tra i due corpi, ma anche ha dimostrato le interferenze nell’uso degli aiuti e dei mezzi sussidiari, sino a definire il perché e il come questi elementi possano giocare un ruolo sfavorevole alla salute del cavallo, alla sua integrità fisica e psichica, ma nel contempo giochino sfavorevolmente anche sulla salute del cavaliere e sulla sua stessa integrità.
Successivamente il contributo di Andrè Bourlet Slavkov e del suo “mimo equestre” ha contribuito ad una svolta fondamentale, perché ci ha svelato la possibilità di trasferire gli studi relativi alla dinamica del cavaliere, sul terreno e quindi la possibilità di studiare meglio le condizioni che vengono a verificarsi nelle varie e differenti situazioni. L’analisi dei movimenti corporei del cavaliere nella rappresentazione mimica delle andature e “arie” o figure, consente di cogliere gli elementi scorretti, quelli insufficienti e quelli assolutamente impropri, di correggerli, eventualmente con esercizi adeguati, sino a permettere al cavaliere il superamento dei propri impedimenti fisici che spesso non hanno relazione col solo campo equestre, ma sopratutto con l’attività quotidiana.

Ciò che più colpisce in questa modalità di studio è che la comprensione dell’elemento cinetico che crea le difficoltà del cavaliere diventa immediata, svelando costantemente che i problemi attribuiti al cavallo altro non sono che il riflesso delle incapacità dinamiche del cavaliere. Rigidità muscolari, inabilità al controllo del proprio corpo, soprattutto della parte essenziale necessaria per equitare: il bacino e il torace.
Ciò ha condotto ad alcune considerazioni fondamentali:
1) il cavallo mostra in modo inequivocabile i nostri limiti nel controllo del corpo e del respiro.
2) il cavallo può essere un compagno insostituibile nel lavoro di recupero della consapevolezza del nostro corpo
3) il cavallo può dare un grande contributo alla nostra salute, ma solo se, nell’attività dell’ equitare, si rispetta la sua capacità cinetica autonoma, cioè solo se non lo consideriamo come una macchina inerte da costringere e pilotare, ma come il nostro compagno di ballo
4) questa modalità di interpretare il cavallo, può consentire un miglioramento per tutte le attività prettamente ludiche, ma anche per quelle competitive.
5) L’ applicazione dello studio dell’equimozione e dell’isodinamica non solo garantisce un più sereno e rispettoso modo di equitare, ma migliora nettamente le prestazioni fisiche del cavallo e del cavaliere
Questi studi hanno portato a definire una serie di movimenti a terra che comprendono tutte le andature e tutte le “arie”, le modalità di esecuzione corrette e scorrette, ma anche gli esercizi correttivi per intervenire sulle singole particolarità dello specifico cavaliere. Questo nuovo approccio all’equitazione ha diversi vantaggi:
1) il cavaliere principiante può iniziare in modo corretto la sua vita equestre, con maggior sicurezza e consapevolezza
2) minor rischio per la sua integrità fisica dovuto alla consapevolezza degli elementi di rischio e del loro perché
3) correzione delle alterazioni che intervengono per l’attività quotidiana
4) correzioni delle carenze conseguenti ad un apprendimento inconsapevole, inadeguato e ,o scorretto
5) miglioramento del benessere dei cavalli
6) recupero di cavalli con alterazioni deambulatorie conseguenti ad assetto non congruente e o uso degli aiuti inadeguato

I risultati sono stati messi a disposizione per la formazione dei professionisti e degli appassionati.
La UISP- Lega attività equestri ha adottato questa chiave interpretativa per la formazione dei propri tecnici, collegando queste esperienze con altre con cui in ogni caso hanno in comune finalità e ottica di rapporto.

L’iter formativo che abbiamo impostato parte dal presupposto che colui che si dedica in forma professionale o dilettantistica all’educazione equestre debba essere colto, esperto e capace, rispettoso del cavallo e del cavaliere che gli si affida.
Questa nuova ottica nella formazione in realtà si collega strettamente ai testi più classici dell’equitazione da cui trae sostanzialmente l’approccio tecnico e comportamentale. Per altro tutti gli studi effettuati non hanno fatto altro che convalidare l’assoluta correttezza della maggior parte degli scritti che nel corso dei secoli sono stati pubblicati, e che confermano una assoluta ovvietà : i vecchi maestri conoscevano molto più approfonditamente il cavallo e quindi sapevano rapportarsi con lui in modo più adeguato e rispettoso anche di chiunque oggi si erga a innovatore. Per questo non abbiamo nulla da inventare se non un nuovo modo di proporre quegli insegnamenti che sia più correlato alle nostre nuove condizioni di vita.
Abbiamo già concluso la prima esperienza con un gruppo di dieci futuri “educatori alle attività equestri” ci sembra che l’interesse sia altissimo, ma soprattutto il corso risponda alle loro esigenze di cultura, di lavoro e di piacere qualunque sia la strada equestre che hanno intenzione di percorrere.


mercoledì 9 novembre 2005, 14:07
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Iscritto il: domenica 4 settembre 2005, 15:47
Messaggi: 2343
Località: Lombardia
Messaggio 
sn molto saggie le tue riflessioni!!!!!!!!!!!!!!!![:D]

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mercoledì 9 novembre 2005, 19:33
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