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 UNO SPUNTO DI RIFLESSIONE 
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Messaggio UNO SPUNTO DI RIFLESSIONE
<b>L’isodinamica e il mimo equestre</b>



Per attività isodinamica si intende un'attività in cui corpi separati si muovono con sincronismo e similitudine di movimento. Sono isodinamici il nuoto sincronizzato e la danza intesa come il valzer, la polka, la mazurka etc., ma l’espressione più precisa dell’isodinamica è, senza dubbio, l’equitazione, in essa due corpi sovrapposti si muovono in sincronismo temporale, nella stessa direzione, con un adattamento cinetico dialettico.
Quando nel 1999 incontrai per la prima volta Andrè Bourlet Slavkov, mi accorsi che i suoi studi sul “mimo equestre” si integravano perfettamente con quanto io stavo studiando sull'equimozione, cioè sulla modalità di movimento del cavallo nelle differenti andature e sulla corrispondente cinetica del cavaliere. Lavorando insieme per alcuni giorni confrontammo le nostre opinioni, integrando i differenti elementi derivanti dalle ricerche che avevamo svolto. Il risultato fu la costruzione di un sistema complesso di attività motorie, a piedi ed in sella, che ponevano le basi per un differente approccio all’equitare ed al suo insegnamento.
Ci parve curioso che, pur senza conoscerci, stavamo percorrendo itinerari di ricerca simili, ed ancora più curioso è il fatto che siamo venuti a conoscenza che diversi cavalieri in Francia, Inghilterra, America e Germania stanno battendo le stesse strade, come se alcuni nodi dell’arte equestre fossero venuti al pettine contemporaneamente, a persone differenti, ai quattro capi del mondo. Storicamente questo processo di riflessione sincrona multipolare è già avvenuto più volte nei secoli scorsi, segnando vere e proprie rivoluzioni sociali, scientifiche o, nel nostro campo, rivoluzioni nel modo di montare. Spesso anzi, i grandi cavalieri: De la Guérinière, Baucher, L’Hotte, per citarne solo alcuni, sono l’espressione sintetica di una molteplicità di esperienze accomunate dalle medesime intuizioni.
Se di rivoluzione non vogliamo parlare, certamente nella visione isodinamica dell’equitare possiamo vedere la sintesi di molteplici esperienze, già affermate in modo sporadico da illustri cavalieri come elementi tecnici parziali, riunite in un contesto più ampio e complesso che va a definire un'unica metodologia comportamentale e che trova la sua odierna possibilità di essere nei nuovi studi di chinesiologia e nella nuova visione del cavallo come essere vivente, e non come macchina d’uso, quale è stato considerato soprattutto negli ultimi cinquanta anni. Non voglio dilungarmi sui processi filosofici e culturali alla base dei cambiamenti che si sono verificati negli ultimi cento anni nei confronti del cavallo e dell’equitazione, ma certamente va sottolineato che l’obsolescenza del cavallo come compagno d’armi e di lavoro, per la sua sostituzione con mezzi meccanici dopo la comparsa del motore a scoppio, è stata la fonte dell'arretramento culturale che contraddistingue l’attuale equitazione sportiva, ad esso vogliamo contrapporre una riflessione che va a cercare le proprie radici nella storia, per rilanciare un processo di accolturamento che ha come obiettivo il benessere fisico e psichico del cavallo e del cavaliere.
Lo studio della cinetica del cavallo nelle differenti andature e modalità impone la necessità di analizzare i relativi movimenti del cavaliere al fine di perseguire il miglior adattamento sinergico per non contrastare l’attività motoria del cavallo ostacolandola e danneggiando nel tempo, la sua struttura fisica.
Si tratta di analizzare l’assetto di quei cavalieri che sono più “insieme” alla propria cavalcatura, per estrapolarne l’essenza dello specifico movimento e trovare quindi la chiave di lettura del sincronismo. Da qui è necessario fare una rielaborazione analitica su basi della meccanica motoria fisiologica del cavallo e del cavaliere per ottenere, alla fine, una interpretazione del movimento che sia il più adeguato alle dinamiche dei due corpi sovrapposti Il risultato immediato dell’applicazione pratica di questi studi è la disponibilità del cavallo all’esecuzione del movimento, senza che questo sia richiesto con coercizione da parte del cavaliere, ma semplicemente con la sua dinamica corporea.
Ma il risultato dell’isodinamica è ben più consistente: un miglioramento del benessere psicofisico del cavallo, in quanto la richiesta del cavaliere, che avviene mediante il suo corretto atteggiamento fisico, non è contraddittoria, ma consensuale all’atteggiamento fisico necessario al cavallo per l’esecuzione del comando. Vengono così evitate torsioni articolari, sollecitazioni anomale della muscolatura e punizioni incongrue per mancate esecuzioni, che derivano da incomprensioni per contraddittorietà della richiesta e che mettono il cavallo in uno stato d’ansia e di difficoltà psichica.
E vi è un ulteriore ed importate elemento, mai preso in considerazione: gli effetti sul fisico del cavaliere. Un atteggiamento inadeguato o non isodinamico impone al cavaliere condizioni posturali che possono danneggiare il suo fisico, accentuandone elementi anomali, se non patologici, già presenti. Nel nostro quotidiano sfruttiamo il nostro corpo in modo totalmente incompreso ed incomprensibile; alcuni cercano di riappropriarsi di una fisicità simil-naturale frequentando palestre e parchi, ma troppo spesso quest'attività si riduce che ad un ulteriore sfruttamento del corpo, con accentuazione delle dissimmetrie a cui siamo indotti dalla comune attività destrorsa quotidiana. L’equitare isodinamico costringe al superamento della dissimmetria, ricercando continuamente un ricongiungimento armonico del movimento della parte destra con la sinistra. Questa ricerca conduce al miglioramento posturale, ad un miglioramento dell’uso della muscolatura senza contratture.
Il trasferimento dell’isodinamica nella cinetica del cavaliere a piedi, secondo i principi del “mimo equestre”, consente di migliorare, sotto l’occhio di istruttori esperti, l’atteggiamento posturale dinamico in sella, per ottenere i risultati esposti. Possiamo quindi dire che isodinamica e mimo equestre sono due momenti che si integrano tra loro, la prima studia i movimenti del cavallo e del cavaliere, in generale e nello specifico, il secondo li configura in una dinamica da bipede per poter correggere l’atteggiamento del singolo cavaliere e per consentirgli un'accentuazione della propriocezione e un miglioramento complessivo del suo assetto dinamico. I risultati di questa integrazione sono evidentissimi: il cavaliere, in poco tempo acquisisce la comprensione di ciò che deve fare in sella, cosa deve sentire, quali sensazioni deve ottenere nell’esecuzione dei movimenti; il cavallo, invece, si presta con maggior disponibilità al lavoro. Il risultato più stupefacente si ottiene su quei cavalli che presentano dolori o difese, in quanto con rapidità si superano le difese e soprattutto si risolvono i dolori di schiena, che troppo spesso disturbano e danneggiano i cavalli.
Con questi metodi integrati i principianti si avvicinano all’equitazione con una consapevolezza che permette loro di apprendere con maggior velocità e sicurezza, i cavalieri confermati vi possono trovare la chiave per risolvere problemi che involontariamente hanno sempre attribuito ai propri cavalli, e, scoprendo una nuova sintonia, riescono a migliorare le prestazioni, in eleganza ed in potenza. E’ chiaro altresì che il metodo non è miracolistico, né vuole esserlo, ma è una nuova e interessante possibilità nelle mani degli istruttori intelligenti per migliorare la loro capacità di insegnamento.

Giancarlo Mazzoleni


martedì 24 maggio 2005, 10:28
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<b>Al poeta centauro </b>


Parlare di Nuno è impresa non facile, soprattutto per chi come me ha avuto il piacere di
conoscerlo, vederlo montare e insieme il dispiacere di aver goduto di ciò per brevissimo tempo.

La sua figura, nel mondo equestre con la “E” maiuscola, ancora suscita grandi emozioni e non
tutte a lui favorevoli. Come tutti i grandi personaggi ha grandi estimatori, discepoli adoranti,
allievi divenuti importanti, ma ha incontrato anche grande ostilità, addirittura odio, anche tra
chi l’ha ben conosciuto e frequentato.

In un certo senso la sua figura ripropone lo scontro che nel secolo scorso ha visto fronteggiarsi
sostenitori di Baucher e sostenitori del conte D’Aure, certo più limitato nel numero dei
contendenti, in quanto purtroppo, non è più così vasta l’eco dell’arte equestre.

La sua personalità, così come l’ho vissuta io, era forte e netta: con me o contro di me, con il
cavallo o contro il cavallo, arte equestre o nulla. Era tanto dolce ed appassionato con il
cavallo, di una sensibilità quasi animale, quanto ruvido e feroce con gli uomini, soprattutto se
maldestri e violenti con i cavalli.

Un uomo capace di piangere mentre montava ascoltando le arie liriche di Verdi che amava
appassionatamente e pronto a scagliarsi con una violenza inaspettata contro malcapitati
cavalieri che lui considerava incapaci.

E’ stato spesso paragonato a Baucher ma, chi come me l’ha visto lavorare pur se in poche
occasioni, non suscitava questo diretto riferimento: troppo lavoro di spalle in dentro, troppo
ritmo, certamente un grande uso delle flessioni ma anche molto rigore nelle arie. Certamente di
Baucher abbiamo troppo spesso davanti agli occhi i discutibili esempi dei suoi tardi epigoni
che non rendono giustizia al loro maestro. Le priorità di Nuno, l’uso dell’assetto, il sentimento
del cavallo nel bacino, non mi sembrano concetti propriamente baucheristi, ma potremmo
eventualmente considerare Nuno un seguace che ha innovato e sviluppato, fino a dettare un
proprio modello di riferimento. Da queste novità, frutto di studio e di esperienza, di cultura e
sensibilità, scaturisce la figura di Oliveira come maestro, grande cavaliere, grande preparatore,
grande amante della musica, dell’arte e soprattutto appassionato amante del cavallo.

A questo “Poeta Centauro”, nel decimo anniversario della Sua scomparsa la S.I.A.E.C. rende
omaggio dedicandogli questo numero di Equitazione Sentimentale, per i grandi insegnamenti
che ha lasciato, soprattutto per l’amore e il rispetto verso il cavallo, cardini del suo modo di
addestrare, princìpi che durante tutta la sua vita ha tentato di trasmettere alla platea che
l’ascoltava, sostenitori o detrattori che fossero.

In questa occasione siamo solo dispiaciuti di non poter esprimere con maggior ampiezza questa
nostra ammirazione, ciò nell’intento di far conoscere Oliveira ai tanti che non hanno avuto la
mia fortuna di incontrarlo….



GC Mazzoleni


martedì 24 maggio 2005, 10:34
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Grazie Nicola!E' stato un bellissimo regalo quello che ci hai fatto....

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martedì 24 maggio 2005, 10:49
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molto interessante il discorso su isodinamica e mimo equestre,leggendo cio che hai scritto mi sono resa conto che su alcuni punti ci sto lavorando,ma non coscientemente!
il mio istruttore(che ahimè vedo solo 2-3 volte al mese)mi da degli esercizi,dei punti su cui basare il mio lavoro che riconducono molto da vicino alcune cose da te scritte...
mi piacerebbe leggere qualcos'altro,se hai tempo e voglia!


mercoledì 25 maggio 2005, 13:57
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Harley ha scritto:

mi piacerebbe leggere qualcos'altro,se hai tempo e voglia!


Sarebbe bellissimo Nicolaaaaa!!!Dai mettiti all'opera!!!!

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mercoledì 25 maggio 2005, 15:18
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Appena esco da questo tunnel mi metto al lavoro.

Red, AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO


mercoledì 25 maggio 2005, 15:25
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sono fuori dal tunnel...ahahahah

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Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente

soltanto i coraggiosi riescono ad arrivare dove neanche gli angeli riescono a volare"


mercoledì 25 maggio 2005, 15:28
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Nicola,perchè mi metti sempre in mezzo??????Lo sai che non ti posso tenere....Ho già troppi animali!!!![:)][:)]Dai tieni duro fratellino....ok?[;)]

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mercoledì 25 maggio 2005, 15:32
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Trovane uno che cucini come me! E vedrai che mi tieni!


mercoledì 25 maggio 2005, 15:48
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veramente grazie Nicola, trovo estremamente interessanti le cose che ci hai scritto, anche a me piacerebbe approfondire il discorso.
tra l'altro ritengo che oltre ad una dinamicità corporea si venga anche a sviluppare una sintonia psicologica e mentale gettando le basi per la creazione concreta del vero"centauro".un corpo una mente

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considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza


mercoledì 25 maggio 2005, 16:16
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Ehi Nicola...perchè non scrivi più??????Era veramente interessante l'argomento[:(][:(][:(][:(][:(]

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martedì 31 maggio 2005, 15:53
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appena trovo articoli altrettanto interessanti, posto di sicuro!!!!


martedì 31 maggio 2005, 16:11
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<b>LA PLASTICITA’ DEL CAVALLO</b>


Molto spesso abbiamo visto cavalli meravigliosi con corpi armoniosi, muscolarmente perfetti, acquistati da poco, scendere dai van, li abbiamo visti muovere in libertà, con movimenti spettacolari, saltare scossi con gesti entusiasmanti. Poi dopo qualche mese sembrano avere perso il loro smalto sembrano trasformati, modificati nel corpo e nelle andature, il loro gesto nel salto ha perso spinta, si è appiattito, a volte non riescono nemmeno più a saltare che piccoli ostacoli. Incominciano a ribellarsi, si difendono, sgroppano, calciano, scappano, il collo si gonfia nella parte inferiore, la schiana si insella,diventano brutti. Che cosa sta succedendo?
Il proprietario inizia a preoccuparsi, chiede consiglio: adotta imboccature sempre più severe, usa redini di ritorno, chambon, gogue senza risultati, anzi di solito la situazione peggiora.
Inizia la teoria dei veterinari che tentano di dare le loro interpretazioni mediche: manca di vitamine, la dieta non è idonea, ha sofferto nel trasferimento, è ferrato male etc. etc.

Io credo che gran parte di questi problemi sorga dalla particolare plasticità del corpo del cavallo e dalla sua gran pazienza e sottomissione.

Voglio dire che le sue masse muscolari si modificano con gran rapidità, sia nel bene sia nel male, per la sollecitazione del peso del cavaliere. Sotto l’equilibrio spesso precario, quasi sempre rigido, del suo dominatore, il buon lavoratore muta: contrae alcune masse muscolari, altre le sviluppa, altre le perde del tutto e così per cercare di trovare nuovi equilibri pian piano altera la sua struttura corporea, a volte in modo molto grave ed irreparabile, sino a mostrare zoppie incomprensibili.

Lo stesso soggetto caduto in mani meno superficiali, con calma ed esercizi adeguati, rifiorisce: recupera le masse muscolari, recupera l’ardore, la volontà di lavoro, riacquista i movimenti, in una parola riprende salute.
A me personalmente è capitato molte volte di assistere al primo percorso: quello discendente, qualche volta addirittura di prevederne il divenire. Qualche volta ho avuto la fortuna di assistere alla rifioritura.
Ciò è dovuto alla plasticità , sia psichica, sia corporea del cavallo: la sua grande pazienza fa in modo che persone, totalmente prive di qualsiasi equilibrio, sottopongano il suo ad una precarietà totale che lo costringe a grandi sforzi muscolari. Inoltre, la scarsa dote d’equilibrio determina azioni terribili di mano sulla bocca (a tutti decine di volte è capitato di vedere cavalieri che si aiutano con le mani, attaccandosi in bocca, per eseguire il trotto sollevato, con gravissimo danno non solo alla bocca, ma a tutta la muscolatura della colonna) .
Per ritrovare una qualche stabilità, il cavaliere agisce con le ginocchia comprimendole ai fianchi determinando in tal modo altre decise contratture (pensate quale disturbo può determinare tale compressione ad un animale che è così sensibile da sentire esattamente la posizione di una piccola mosca sulla groppa)
Queste contratture, queste perdite di stabilità e d’equilibrio modificano le masse muscolari in modo a volte irreparabile.
Pensate ad un atleta, per esempio ad un ginnasta, che debba sempre allenarsi con un sacco sulle spalle che, oltre ad essere mobile, lo comprime alla vita e magari anche con un apparecchio dentale complicatissimo che lo costringe a tenere la testa in una posizione obbligata, oppure pensate ad un centometrista a ostacoli nelle medesime condizioni. Quale allenatore punterebbe mai seriamente sulla possibilità di affermazione agonistica di tale personaggio? E invece tutte le domeniche nei campi di salto ostacoli e spesso anche nei rettangoli da dressage gareggiano atleti in queste condizioni. E’ proprio per mantenere il cavallo nelle sue fattezze originarie, per permettergli di esprimere tutta la sua potenzialità muscolare, per migliorarne la bellezza e la potenza, che è assolutamente indispensabile che il cavaliere acquisisca un assetto sciolto, cioè che non necessita di mani e di gambe per l’equilibrio, rilassato, non contratto, non forzato. Questo si ottiene soltanto lavorando senza staffe e senza redini, alla longia, su un cavallo con andature ben regolari e confermate.

Ogni contrattura volontaria o involontaria del cavaliere determina una contrattura corrispondente nel suo cavallo. A volte guardando come è strutturato un cavallo e come si muove si può definire in modo preciso quali sono i problemi di postura e di equilibrio del suo cavaliere.
D’altra parte dobbiamo pensare che quasi tutti i cavalieri non professionisti per molti giorni, negli uffici, nei negozi, in macchina tengono posizioni corporee non equilibrate, contratte, monolaterali quasi sempre destre. Allora non possiamo pensare che senza esercizi adeguati, improvvisamente per alcune ore ritrovino naturalmente equilibrio simmetrico, scioltezza muscolare, indipendenza motoria degli arti, e postura corretta.

G.C. MAZZOLENI


martedì 31 maggio 2005, 16:27
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<b>AMMAESTRARE, ALLENARE, ADDESTRARE O ……DIALOGARE………….</b>



Uno degli errori più frequenti che tutti i cavalieri alle prime armi fanno e che in ogni caso io feci, quando volli iniziare a ”lavorare in piano” con la mira di “imparare il dressage”, è quello di considerare gli esercizi come sostanzialmente finalizzati alla competizione. Per questo motivo continuavo ad effettuare lo stesso esercizio molte volte tentando di farlo eseguire al cavallo nel modo apparentemente più corretto. Se lo eseguiva lo premiavo, se si ribellava, lo punivo. La punizione, il premio, la ripetizione erano le coordinate per ottenere l’esecuzione, una sorta di meccanizzazione comunque mai consolidata, la progressione era molto lenta, gli esercizi erano privi di espressività, forzati, senza una vera collaborazione da parte del mio partner, in una parola: brutti. Gli esercizi non avevano altra logica che la ripetizione sino alla nausea del grafico da affrontare senza aderenza allo sviluppo muscolare e alla comprensione da parte del cavallo (ma ciò lo scoprii alcuni anni dopo). Il cavallo era nervoso, non gradiva il lavoro, spesso si ribellava, mi sembrava che tutto in realtà fosse controproducente.
In seguito ho capito che tutto ciò derivava sostanzialmente da un malinteso, cioè dall’aver confuso addestramento, ammaestramento e allenamento. Questi termini mi sembravano sinonimi ed invece nel tempo ho scoperto la grande differenza che li distingue.
Ammaestrare è un termine che sottintende l’uso delle leggi che regolano i riflessi condizionati: ripetizione, premio, punizione etc. etc. per ottenere l’esercizio desiderato. Qui si concepisce il cavallo come essere intelligente, ma solo sino ad un certo punto. Può comprendere bastone e carota, ma è un essere inferiore da sottomettere alla nostra volontà, senza tener conto delle conseguenze sul suo stato fisico o psichico, perché la sua progressione educativa qualifica la nostra capacità, gratifica il nostro ego.
Allenare è termine che tiene conto certamente delle qualità fisiche, e su queste punta tutta la capacità del cavaliere. Sceglie un soggetto di grandi qualità da potenziare, sviluppare, per rendere questa macchina di muscoli più efficiente. E’ un termine prettamente sportivo a basso contenuto culturale, perché, per il conseguimento dei propri fini , il premio, vede solo l’aspetto del potenziamento della dotazione naturale.
Addestrare, invece è termine più colto. Prende in considerazione la complessità della macchina, il suo equilibrio, la sua scioltezza, il potenziamento dei muscoli, ma anche la conservazione delle articolazioni etc. Interviene sulla dinamica del cavallo, asimmetrica e squilibrata in natura, per renderla simmetrica ed in equilibrio con l’uso di esercizi specifici, che di volta in volta sviluppano il potenziamento e la scioltezza dell’arto o della parte sottoposta all’esercizio. In questa concezione c’è la considerazione del cavallo come mezzo muscolare imperfetto da migliorare per ottenere un miglior risultato, più eleganza, più resistenza, più dinamica. Tiene conto e rispetta il suo corpo. punta il miglioramento non sulle doti del cavallo soltanto, ma sulle capacità tecniche e culturali del cavaliere.
Ma anche se, correttamente, si introducono tutte e tre queste componenti nella pratica quotidiana, ciò non di meno non si soddisfa il desiderio di coloro che col cavallo vogliono instaurare un altro tipo di rapporto una sorta di dialogo.
Nel “Dialogare” non è previsto l’insegnamento di nulla.
Il cavallo trotta, galoppa, cambia di galoppo libero nel paddok, improvvisamente si immobilizza, scuote la testa, entra in passage, annusando l’aria e con la coda dritta si pavoneggia, poi riparte al galoppo, fa una piroetta, un’altra e un'altra ancora, quindi, innervosito, si avvicina all’uscita e qui inizia un piaffer soffiando e nitrisce sino a quando qualcuno non lo riporta nel suo box a consumare il pranzo. Tutti noi abbiamo assistito molte volte a questo spettacolo di eleganza e prestanza fisica. Cosa dovremmo insegnargli quindi? Nulla.
Nel dialogo è previsto il saper ascoltare, saper sentire, saper comprendere, per poi poter dialogare.
Dialogare è esattamente questo: comprendere il linguaggio corporeo, saperlo utilizzare, potere entrare in sintonia col cavallo per guidarlo col proprio corpo, dolcemente, senza movimenti appariscenti, attraverso gli esercizi desiderati, proprio come fosse un dialogo, dove le parole sono sostituite da gesti leggeri e furtivi. Allora gli esercizi hanno tutti un loro significato, non solo di preparazione muscolare e fisica, che fa capo al capitolo dell‘addestramento di cui parleremo in altro articolo, ma soprattutto di comprensione tattile-corporea che ovviamente viene affinata dal totale rilassamento muscolare del cavaliere. Con il tempo si riesce a comprendere e a dominare la propria motilità, e con essa la mobilità della propria cavalcatura.
Per ottenere questo è assolutamente essenziale affinare la propriocezione per conseguire un assetto stabile e corretto. Raggiungere la consapevolezza dei movimenti che eseguiamo col nostro corpo per non commettere “errori linguistici”; raggiungere un equilibrio stabilmente corretto, perché ogni alterazione modifica la capacità di linguaggio, guastando il dialogo e sviluppando incomprensioni.

E’ solo quest’affiatamento corporeo e psichico, che trasforma l’equitazione in piacere, che non scaturisce dal premio o dal plauso di compiacenti ignoranti spettatori, ma fine a sé stesso, armonia di due corpi, opera d’arte che svanisce nel momento stesso della sua esecuzione.


G.C. MAZZOLENI


martedì 31 maggio 2005, 16:29
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Località: friuli venezia giulia
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Grazie Nicola!!!!!!![:)]Quante verità ho letto in quelle righe....[:)][:)][:)]

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Erpetologo Steve Irwin (Crocodile Hunter).


mercoledì 1 giugno 2005, 7:17
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